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Tav, la sindrome “Nimby” non risparmia il Veneto

by Filippo Burla
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Tav FrecciarossaVicenza, 9 gen – Non c’è pace per la Tav, il progetto ultradecennale dell’alta velocità ferroviaria che sta modificando la geografia dei trasporti italiani. Ad innescare la miccia fu la Val di Susa, dove nacque e da dove si diffuse l’ormai celebre sigla “no Tav”. Vennero poi gli scontri in valle e, successivamente, la serie di attentati ai danni degli snodi nazionali.

Ultima in ordine di tempo, sta emergendo la questione relativa all’attraversamento delle nuove linee nelle zone del Veneto. Nonostante sia la locomotiva produttiva d’Italia, il Nord-Est è rimasto fino ad ora dimenticato. Solo lo scorso ottobre i progetti rimasti a lungo tempo sulla carta hanno mostrato qualche significativo passo avanti: tre i miliardi stanziati per i collegamenti ad alta velocità fra Brescia e Padova e con la prospettiva di collegare anche il Marco Polo di Venezia, scalo intercontinentale fra i più in crescita negli ultimi anni.

Rfi – Rete ferroviaria italiana, gruppo Ferrovie dello Stato, società incaricata della gestione delle infrastrutture, non ha perso tempo presentando i propri studi di fattibilità. Uno in particolare riguarda Vicenza e prevede, fra le altre opere complementari necessarie a collegare la città con la prevista fermata, un tunnel stradale di decongestionamento del traffico e di sfogo idraulico per le acque del torrente Retrone che passerebbe sotto il monte Berico, un colle nei pressi del centro cittadino. E qui nasce il problema: a pochi metri dal luogo dove dovrebbe collocarsi l’uscita della galleria sorge la settecentesca Villa Valmarana, famosa per il ciclo di affreschi del Tiepolo. Oltre a questo, si sottolineano altre criticità come gli espropri giudicati eccessivamente onerosi e dubbi sull’effettiva possibilità che la Tav fermi davvero a Vicenza. Quanto basta per far scendere in piazza Rifondazione Comunista e i “No Dal Molin”.

All’inizio della prossima settimana è previsto il consiglio comunale chiamato a discutere del progetto di Rfi. L’urgenza di procedere speditamente alla connessione delle zone è già stata segnalata da varie associazioni  imprenditoriali, tra cui sia Confindustria che la locale Camera di Commercio. Solo alcuni “Frecciargento” giungono fino a Trieste, peraltro senza alcun passaggio preferenziale e costringendoli così al rispetto dei limiti delle linee storiche. Proprio l’assenza di linee dedicate è la principale mancanza che costringe Veneto e regioni limitrofe ad inseguire: solo nel brevissimo tratto fra Padova e Venezia è data, ad oggi, la possibilità ai convogli di raggiungere le velocità di punta di 300 km/h, mentre per tutti i collegamenti con Bologna e Milano i limiti costringono le “Frecce” a correre al di sotto dei 250 km/h.

Filippo Burla

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