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Foibe, ora il Quirinale tolga l’onorificenza a Tito. Le parole non bastano

by Lorenzo Zuppini
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Foibe, Mattarella e Tito

Roma, 10 feb – Il presidente della Repubblica Mattarella ha speso importanti parole sul massacro compiuto dai partigiani guidati dal maresciallo Tito ai danni degli italiani alla fine del secondo conflitto mondiale, ovvero i massacri delle Foibe. Il nome di  Josip Broz Tito genera malessere per ciò che ha significato per gli innocenti italiani che dopo la guerra hanno avuto la sfortuna di incontrarlo sul proprio cammino. Lui, o i suoi sgherri che nel nome della “giustizia del popolo” e di Stalin compivano massacri indiscriminati. Si trattava del IX Korpus e della polizia segreta OZNA, i due reparti agli ordini di Tito coi quali quest’ultimo intendeva non solo vendicarsi su un popolo innocente ma anche occupare militarmente i territori italiani, facendosi forte della devastazione delle nostre forze armate.

Foibe: una pulizia etnica

Dopo l’8 settembre del 1943, iniziò quella che storici non di parte hanno definito una vera e propria operazione di pulizia etnica col fine, tra gli altri, di ripulire quei territori dalla popolazione non comunista. Nel dicembre del 1945, il premier Alcide De Gasperi parlò di 2500 deportati dalle truppe jugoslave e di 7500 scomparsi. Successivamente, migliaia di italiani vennero costretti ad abbandonare l’Istria, Fiume o la Dalmazia. A chi tentò di resistere (e di questa Resistenza identitaria e nazionalista dovremmo parlare più spesso) vennero confiscate le proprietà private, in ossequio alla miglior tradizione comunista e al verbo socialista. La proprietà privata era un furto, ed essere italiano una colpa. In realtà, i numeri erano decisamente più devastanti: gli infoibati e i massacri nei lager di Tito ammontano ad oltre 10mila, mentre gli esuli a 350mila. Alla stazione di Bologna, i comunisti italiani scaraventarono il latte sui binari piuttosto che darlo ai bambini esuli cui era stato assegnato.

Il Quirinale e l’onorificenza da togliere

La continuità ideologica e spesso pratica tra la sinistra italiana e il comunismo planetario si è nutrita anche di eventi così meschini e rivoltanti, ed essi sono quelli che dettano le regole per una open society in cui l’immigrato deve esser accolto a suon di miliardi di euro pubblici, altro che latte. Con la legge n.92 del 2004 è stato istituito il Giorno del Ricordo, rimuovendo la patina di oscurantismo e pesante ipocrisia che dal dopoguerra ha annebbiato la memoria di questo paese. Tito è stato il nostro boia, il persecutore dell’italianità: l’accusa rivolta, spesso, era di “italianismo”. Detto ciò, sul sito del Quirinale, nella sezione delle onorificenze, troneggia ancor oggi il nome di Broz Tito Josip a cui venne concesso il titolo di Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica italiana, ossia la più alta carica che lo Stato italiano possa concedere.

Rimuovere tale onorificenza è un dovere sia morale che civile, oltreché il proseguimento nel cammino verso la verità su cosa hanno patito gli italiani. Per farlo, dato che Tito è felicemente defunto da anni, è necessaria una legge che permetta di revocare le onorificenze anche a chi è morto. Le proposte di legge esistono, peccato che il parlamento sia affaccendato tra le ripicche di Bonafede e quelle di Renzi. Alle questioni che sostanziali per una nazione, e che ne cementificano il senso di appartenenza, nessuno ha tempo da dedicare. Potrebbe, eventualmente, il presidente Mattarella raccomandarsi che tale onta venga lavata via da un atto di buon senso e di coraggio. E che magari la sinistra inizi a voler bene a quella che, le piaccia o no, è la sua Patria.

Lorenzo Zuppini

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Domenico 10 Febbraio 2020 - 4:28

Confermo quanto scritto nel post del’articolo riservato alle belle,composte ed evocative parole di Diana Cossetto,cugina di Norma Cossetto. Quanti oggi parlano della tragedia-non dramma,che è un termine riduttivo- delle foibe e della cacciata di centinaia di migliaia di italiani dalle loro terre e dalle loro case,sopratutto i politici anziani del cosiddetto arco costituzionale dovrebbero spiegare il loro silenzio di decenni. Quando nel parlamento italiano,dal 1946 in poi Augusto De Marsanich,Giorgio Almirante e tanti altri appartenenti all’unico partito che non tradì mai quelle popolazioni,denunciavano la tragedia degli infoibati e diffondevano il dolore degli esuli istriano/dalmati e fiumani,la cosiddetta Italia democratica taceva e si faceva interprete dell’ignavia e del tradimento.Dovevamo arrivare al 2004 perché quelle popolazioni ottenessero voce.Certamente le parole di oggi del Presidente della Repubblica suonano giuste,ma il suo partito di origine,con i suoi eredi e alleati di oggi ha enormi responsabilità per il silenzio di decenni. Grida vergogna l’onorificenza italiana concessa all’infoibatore Tito. E finché non sarà ritirata,la sincerità e l’onestà intellettuale delle massime istituzioni sarà in forte dubbio.

Micu G. dalla terra di ‘nduja

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