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La Cgil che protesta contro il Jobs Act, licenzia grazie al Jobs Act

by Michele Iozzino
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Landini

Roma, 12 sett – Dalle pagine di questo giornale abbiamo già parlato di come il segretario della Cgil Maurizio Landini e quella del Pd Elly Schlein siano intenzionati a scendere in piazza insieme per uno sciopero generale, e di come un simile progetto – soprattutto visti i promotori – abbia tutta l’aria di essere una buffonata. Ecco, ora ad aggiungere ridicolo alla cosa ci hanno pensato i diretti interessati, con Landini che ha licenziato lo storico collaboratore della Cgil Massimo Gibelli sfruttando il Jobs Act. Lo stesso Jobs Act contro cui dice di voler protestare, peraltro con sette anni di ritardo.

Storico portavoce della Cgil licenziato grazie al Jobs Act

A rivelare quanto accaduto è lo stesso Gibelli in un’intervista rilasciata da all’Huffington Post, nella quale racconta di essere stato licenziato dalla Cgil il 4 luglio di quest’anno. Che un sindacato licenzi qualcuno potrebbe essere già una notizia di per sé, a maggior ragione se lo fa sfruttando una norma che ha più volte contestato come il Jobs Act. La storia di Gibelli all’interno della Cgil comincia addirittura nel 1983, quando venne assunto come addetto stampa. Una carriera durata quarant’anni in cui diviene il portavoce dei principali leader del sindacato, da Sergio Cofferati a Susanna Camusso, fino allo steso Landini. Una figura, quella del portavoce del segretario generale, destituita però nel 2021 in quanto non più in linea con i tempi e con la prassi dei segretari – in primis Landini – di interloquire direttamente con la stampa. Ritrovatosi senza incarico, Gibelli si rende disponibile per ricoprire altre posizioni. Dopo una mail al segretario organizzativo in cui ricorda la propria disponibilità e di essere senza incarico da ormai due anni, riceve dopo pochi mesi l’annuncio del proprio licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Come spiega Gibelli, quest’ultimo “è previsto dall’articolo 3 della legge n. 604 del 1966, più volte modificato nel corso degli anni, in ultimo dalla riforma Fornero del 2012 e nel 2015 dal Jobs Act di Renzi. Leggi che furono fortemente contestate dal sindacato”. Insomma, non il massimo della coerenza.

Landini e il solito circo della sinistra

Alla doppia morale e all’ipocrisia della sinistra italiana ci siamo, forse, tristemente assuefatti. Quasi a voler trovare nuovi modi per toccare il fondo, la figuraccia di Landini non si è fermata a questo. Di fronte ad una giornalista di Quarta Repubblica che gli chiede chiarimenti sulla faccenda, il segretario della Cgil si chiude in sé stesso e fa scena muta. Un silenzio imbarazzante, ancor più che imbarazzato, di chi sente di non dovere nemmeno spiegazioni una volta che è stato trovato in errore. E dire che di risposte da dover dare Landini ne avrebbe tante. Dalla mancanza di credibilità del sindacato (di cui il caso Gibelli è l’ennesimo caso lampante) alla costante perdita di iscritti, dai silenzi quando a governare è la sinistra alle mobilitazioni e le sceneggiate solo perché al governo è invece la destra.

Michele Iozzino

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