Venezia, 2 giu – Non ha esitato a definire la propria vittoria come “stratosferica”. E non poteva essere altrimenti: che Zaia fosse riconfermato era fuori dubbio, restava da vedere come. Il governatore ce l’ha fatta arrivando più che a doppiare Ladylike, la candidata renziana (ma prima bersaniana, e pure lettiana per un certo periodo) Alessandra Moretti. 50.1 contro 22.8%, un cappotto destinato a restare nella storia del Pd veneto, tanto più che la lista di partito viene superata sia dalla lista Zaia che dal Carroccio. Con un “di più”: qualora i rapporti con Forza Italia dovessero venire a deteriorarsi, vista la composizione di maggioranza la Lega potrebbe governare -pur con un margine risicato- anche senza l’appoggio degli azzurri. E con Tosi che non potrà fare altro che opposizione.
“E’ un uomo affidabile, autorevole, credibile. I ceti produttivi non hanno avuto dubbi, malgrado la Moretti abbia affrontato la competizione a testa alta”, spiega Andrea Tomat. Parole entusiaste che ci si può aspettare da un sostenitore qualsiasi, non fosse per una particolarità: Andrea Tomat è niente meno che l’ex presidente di Confindustria Veneto. Stiamo parlando del Veneto industriale, fatto di piccole e medie imprese, di capitale umano costruisco nei decenni, di distretti industriali che nella produzione diffusa non hanno nulla da invidiare -anzi, sono spesso più efficienti- alle grandi multinazionali, quel Veneto del capitalismo di relazione che Renzi indica come uno dei tanti problemi italiani (ma non si fa scrupoli a nominare amici e amici degli amici nei consigli di amministrazione delle partecipate pubbliche) ma in cui ancora conta una stretta di mano. Bene, questo stesso Veneto alle ultime europee aveva largamente contribuito al famoso 40% del Partito Democratico che si è trasformato ora in un misero 16.6%. Il Veneto industriale aveva creduto alle sirene del premier ma, alla resa dei conti ed in uno scenario fatto di aumento delle tasse, riforme del lavoro che non si preoccupano di incidere sul costo dello stesso, illogiche sanzioni alla Russia, assenza di politica industriale e -di conseguenza- continua lontananza dello Stato dalle esigenze sia locali che delle imprese, scelgono un candidato ed un partito che hanno già dimostrato di saper lavorare sul territorio.
E’ vero che le regioni si occupano, per tre quarti del loro bilancio, di sanità, ma nei casi più virtuosi dispongono di strumenti che esulano dal semplice e “banale” servizio pubblico. E’ il caso ad esempio di Veneto Sviluppo, la finanziaria regionale che aiuta gli imprenditori nell’accesso al credito ed acquisendo anche partecipazioni nelle società per incentivare la loro capitalizzazione.
Zaia avrà ora il compito di riportare la regione ai fasti del passato, dopo anni di crisi che non hanno lasciato immune gli industriali della Serenissima ma, anzi, toccato nel profondo la loro carne viva. Con queste premesse, il Veneto può tornare ad essere la locomotiva italiana per eccellenza.
Filippo Burla