Roma, 24 set – La maggioranza giallofucsia è in fibrillazione. Dopo la debacle del M5S alle regionali il Pd è pronto a dettare l’agenda di governo ma il caos scatenato dalla sconfitta elettorale tra le fila dei 5 Stelle rende insidiosa la prova del voto in Aula. E per i due principali partiti di governo si profila un cammino irto di ostacoli, alcuni pure pericolosi, come le modifiche ai dl Sicurezza chieste dai dem, per non parlare dell’attivazione del Mes, sempre invocata con insistenza dal Pd, e finora osteggiata dai 5 Stelle. Altro scoglio poi – e infatti la trattativa è già stata rinviata – è la legge elettorale. Certo è che i grillini ora non sono certo nella condizione di non accontentare i dem, persino sul prestito-trappola Ue per le spese sanitarie. Ma nel Movimento i mal di pancia per l’allenza-abbraccio mortale con il Pd sono sempre di più.
Stasera Conte incontra i capigruppo della maggioranza
Il primo confronto è fissato per stasera, quando il premier Giuseppe Conte incontrerà i capigruppo della maggioranza. Alla riunione, che verterà ufficialmente sul dossier 5G, parteciperanno anche i ministri “competenti” in materia, tra i quali il titolare del Mef Roberto Gualtieri e il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli. La riunione è prevista alle 18:30.
Zingaretti chiede “un colpo d’ala per ridare fiducia agli italiani. Basta picconate”
Il segretario del Pd Nicola Zingaretti intanto mangia la foglia e chiede all’alleanza “un colpo d’ala per ridare fiducia agli italiani. Non è tempo di picconi, ma di ricostruire“, fa presente. E’ tempo di “un grande progetto italiano di rinascita, che dia una visione e speranza a chi rischiava di perderla. E’ il minimo che possiamo fare per i giovani che pagano più di altri il costo della crisi e devono vedere in noi coloro che hanno detto finalmente basta picconi, bisogna ricostruire l’Italia perché coi picconi non si va da nessuna parte”, sostiene convinto il leader dem a Firenze, a margine delle festa per l’elezione di Eugenio Giani a presidente della Toscana. E rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se saranno rivisiti i decreti sicurezza, Zingaretti conferma: “Lo ha detto ieri il presidente Conte che sarà suo compito, visto che l’accordo c’è, di portarlo al primo o al secondo Consiglio dei ministri, perché ripeto che i problemi sono stati affrontati dal ministro Lamorgese”.
Il premier ribadisce: “Nessuno mi ha chiesto un rimpasto”
Molto più morbido e vago l’approccio di Conte rispetto alle fibrillazioni scatenate dalla crisi dei 5 Stelle, che a questo punto rischiano la scissione: “Non mi sento di dire che il voto blinda o premia il presidente del Consiglio o il governo. Era un’opinione che avevo già espresso quando alla vigilia del voto si preconizzava una Caporetto alle regionali, quando si azzardavano risultati tennistici. Non ho cambiato idea. Noi saremo giudicati per quanto riusciremo a realizzare nell’interesse degli italiani”. In un’intervista a La Stampa il premier smentisce ancora una volta che qualcuno dopo le regionali e il referendum gli abbia chiesto un rimpasto, definendolo “una formula logora che rinvia all’esperienza dei governi del passato e di cui non avverto alcuna nostalgia. Ho una squadra che sta lavorando con concentrazione ed efficienza e mi ritengo pienamente soddisfatto. E in ogni caso nessuno me lo ha chiesto“, afferma. “L’asse del governo è sempre stato l’interesse generale, ieri come oggi. La squadra di governo lavora su temi e strumenti per rilanciare e innovare il Paese, per renderlo più equo e inclusivo”, fa presente Conte, facendo quasi finta di niente rispetto alla catastrofe dei 5 Stelle.
Mes in Parlamento? Anche se Conte non lo dice è lì che la maggioranza rischia
E anche sul fronte del prestito-trappola del Mes, il premier si mostra sereno: “Mi sono dichiarato agnostico sul punto. Non accetto veti. Dobbiamo proseguire con un approccio pragmatico e valutare insieme se vi è un fabbisogno di risorse aggiuntive. In caso positivo esamineremo gli strumenti di finanziamento a disposizione, pubblicamente, coinvolgendo il Parlamento“. Ecco appunto, vedremo al Senato che succederà. Intanto – vedasi la riforma della legge elettorale – l’Aula per adesso viene evitata come la peste, visto che gli alleati giallofucsia sono spaccati su come dovrà essere il nuovo dispositivo di voto.
Adolfo Spezzaferro