“Avevamo detto no #webtax. Siamo stati di parola #lavoltabuona” ha twittato Renzi dopo la decisione presa giovedì scorso dal Consiglio dei ministri. Ma sempre con un tweet è stato subito attaccato dal collega di partito Francesco Boccia: “Sì, di parola con gli OTT..”. Il riferimento del deputato Pd è agli Over the Top, le multinazionali del web che così “potranno continuare a operare in un regime di concorrenza sleale, a discapito delle altre aziende che pagano regolarmente le tasse nel nostro Paese”, ha precisato Boccia.
In pratica con l’abolizione della web tax i sicuri beneficiari sarebbero colossi come Amazon e Google, ma anche qui il premier fiorentino non ce la racconta giusta. In realtà lo scorso giovedì alla camera è stata approvata anche la delega fiscale dove, et voilà, ricompare la tanto odiata tassa. Sul testo della delega si legge: “prevedere l’introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale”. Si tratta insomma di una legge del Parlamento che suggerisce decreti legislativi e passa l’onere di vararli all’esecutivo. Quindi il governo potrebbe ancora impugnare la delega e lasciare la web tax. E l’esecutivo per decidere ha tempo 12 mesi, periodo in cui la questione verrà trattata in sede Ue come detto appunto da Renzi: “ne riparleremo in un quadro di normativa europea”.
Insomma #lavoltabuona ha ancora da venire, ma nel frattempo #lanuovastangata è arrivata: l’aumento delle accise sui carburanti, con la benzina che potrebbe registrare l’aumento di mezzo centesimo al litro, ovvero 25 centesimi per un pieno di un’auto di media cilindrata. E come fa notare a Renzi il presidente di Assopetroli Assoenergia Franco Ferrari Aggradi: “ad ogni aumento di accisa per 4 centesimi si perdono 35.000 posti di lavoro e si arriva ad una perdita economica dello 0,1% sul Pil”.
Eugenio Palazzini
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