La liquidazione dell’impresentabile Bertolaso da parte di Berlusconi è stata una mossa i cui effetti vanno ancora valutati. Bizze da vecchio leader in disarmo o machiavellismo di prim’ordine? Intanto il Cav ha già portato su Marchini Francesco Storace e Alessandra Mussolini, due nomi non di primo pelo e non sulla cresta dell’onda, ma che per motivi imperscrutabili hanno ancora un peso rispetto a certo elettorato. Con questa mossa, il quadro è totalmente cambiato: la Raggi ha preso il largo (27,5%), mentre i sondaggi danno, alle sue spalle, una corsa a tre Meloni-Marchini-Giachetti. Tutti più o meno attestati sul 20%. Il che significa che paradiso e inferno distano solo una manciata di voti. Non tanto per Giachetti, candidato più o meno perché nessuno, nel Pd, aveva il coraggio di metterci la faccia dopo la tragicommedia Marino. Non tanto per Marchini, che non è politico di professione e se perde tornerà a fare ciò che faceva prima, cioè il palazzinaro. Ma la Meloni si gioca molto, moltissimo. Arrivare seconda e puntare alla santa alleanza anti-grillina al ballottaggio è un conto, arrivare quarta in quella che è la sua città, in cui ha un minimo di radicamento e popolarità, potrebbe significare la morte politica.
Ed è per questo che sono in corso le grandi manovre per evitare l’infausta ipotesi. Secondo voci insistenti, infatti, la Meloni potrebbe ritirasi dalla competizione per il Campidoglio. È da vedere il come e il perché di una mossa che avrebbe del clamoroso, soprattutto dopo il veto che Fratelli d’Italia pose a suo tempo su Marchini. Ma il centrodestra italiano ci ha abituato a questo ed altro. Prendiamo Salvini: uno che attacca Berlusconi a corrente alternata. Qualche giorno fa l’ex premier era diventato un sostenitore di Renzi in quanto ricattabile a causa delle sue aziende. Un’accusa forte: come fai a fidarti di uno che ha degli interessi che condizionano le sue scelte politiche? Ce n’è abbastanza per rompere definitivamente. Ma la rottura definitiva con Berlusconi non è arrivata e non arriverà mai: è solo il gioco del bastone e della carota. Appena qualche ora dopo, infatti, Salvini dichiarava al Tg1: “Il mio avversario è Renzi. Non ho avversari amici”. Non mancava la conferma del sostengo ad Arturo Parisi su Milano. Ma come, se l’avversario è Renzi, chi tiene in ostaggio il centrodestra sostenendo Renzi per interessi privati (era questa la tesi di Salvini su B.) come deve essere chiamato? Niente, l’aria è già cambiata. Ora tira una brezza leggera. A Roma lo chiamano “Ponentino”. È il vento che rinfresca gli aperitivi in centro, gli accordi sotto banco, il chi te lo fa fa’. La Grande Supercazzola avanza a vele spiegate.
4 comments
Mah, se facessero questa altro cambiamento di corsia meriterebbero un schiacciante sconfitta almeno per il decoro e la dignita’ di persone che certamente non hanno dimostrato di avere.
questa è gente abituata al triplo salto carpiato all’indietro…
la colpa è anche dell’italiano medio che da anni è inaffidabile: o vota male o non va a votare, creando ingovernabilità.
Fanno rimpiangere Marino……