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L’Italia pensi al turismo gay-friendly. Ce lo chiede Vogue

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Milano, 7 lug – Gay, lesbiche, bisessuali e transgender, cioè gli appartenenti al cosiddetto mondo LGBT, hanno bisogno di un turismo su misura e l’Italia li snobba. È questo il senso dell’appello che la rivista Vogue ha lanciato al ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini. Perché da quando ha cambiato direttore, Vogue non si occupa solo delle tendenze modaiole, ma è più attenta alle tematiche sociali e di attualità. E si preoccupa non solo del mondo arcobaleno, ma anche delle casse dello stato, perché il turismo omosessuale porterebbe soldi. Tanti soldi.

“Ministro ci dia retta: trasformi l’Italia in una destinazione gay friendly e lo faccia in fretta. L’Italia sta sprecando un’occasione” recita l’appello apparso nella sezione Manifesto delle rivista. Un nome che già in sé è tutto un programma. Secondo Vogue i turisti LGBT sono scarsamente considerati dall’Italia rispetto ad altri Paesi europei. E per dimostrare questa tesi cita persino l’Onu: secondo i dati della World Tourism Organization il giro d’affari che questa tipologia di viaggiatori muove si aggira sui 170 miliardi di euro ogni anno. Su base mondiale, ovviamente, ma secondo Vogue se l’Italia fosse più sensibile sul tema ne beneficerebbe non poco. Basti pensare a Paesi come Spagna e Inghilterra che già da anni hanno ben presente questa fetta di clientela e il loro giro di affari è pari a 15 miliardi di euro l’anno. Ci permettiamo di aggiungere che la Spagna, però, ha una tradizione turistica di tutto rispetto e che con i turisti ci sa fare molto meglio rispetto all’Italia. In primis per via dei prezzi, che sono molto più competitivi e per questo attirano un maggior numero di persone.

Il danno nello snobbare il mondo LGBT, però, non è solo a livello economico, ma anche di immagine secondo Vogue. Perché l’Onu dice i Paesi con una maggiore attenzione alle tematiche omosessuali si posizionano più in alto nella classifica della tutela dei diritti umani in senso lato. Se ne deduce che l’Italia, quindi, non avendo un “Lgbt marketing manager” che elabori un’offerta ad hoc per il settore arcobaleno e che studi una strategia di accoglienza dedicata, non sarebbe un Paese attento ai diritti umani.

Secondo quanto sopra esposto ci permettiamo di osservare che chiedendo un’offerta dedicata e sostenendo di avere richieste particolari il cosiddetto mondo arcobaleno si pone in una posizione di diversità rispetto al resto dei viaggiatori. E la diversità, che con sé porta una differenza di trattamento, è proprio una delle stigme che i vari gay pride vogliono eliminare. Qualcosa non torna.

Anna Pedri

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