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“Non mi dimetto”: lettera dal carcere di De Vito alla Raggi (e a Di Maio)

by Ludovica Colli
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Roma, 24 apr – “In questo periodo ho pensato spesso, per il rispetto che ho verso l’istituzione, di dimettermi da presidente dell’Assemblea capitolina, carica che ho amato e che ritengo di avere svolto con onore e con piena cognizione dei suoi equilibri e tecnicismi dall’altro. Ma non posso, non voglio e non debbo farlo! Credo con forza nella Giustizia e Giustizia con forza chiedo!“. E’ la lettera dal carcere del presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito, a Regina Coeli dal 20 scorso per corruzione, nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo Stadio della Roma, in una lettera alla sindaca Virginia Raggi e ai colleghi dell’Assemblea capitolina.

La lettera dal carcere

“Care colleghe e cari colleghi considero privo di presupposti qualsiasi atto che mi abbia privato di qualcosa: sia esso la libertà personale, la carica (anche in via temporanea), la stessa iscrizione dagli M5S. Darò tutte le mie forze per tutelare la vita della mia famiglia e la mia. Ai sensi del regolamento del Consiglio comunale considero le assenze dal 20 marzo 2019 contrarie e comunque non imputabili alla mia volontà nonchè la sospensione e la temporanea sostituzione prive di presupposti“, spiega così la sua posizione. Poi se la prende anche con i giornalisti che hanno narrato la “vicenda giudiziaria” in maniera “violenta, infamante, squilibrata, iniqua, tesa ad influenzare e precostituire un giudicato pubblico, spesso alterando persino contenuti risultanti per tabula dagli atti”. “Roba da terzo mondo, – attacca De Vito – livello che invero occupiamo nelle classifiche internazionali di settore”.

“Espulsione dal M5S solo in caso di condanna”

“Certamente in questo tempo mi sono chiesto cosa potrebbe decidere il nostro leader (il vicepremier Luigi Di Maio, ndr) per se stesso, ove fosse sottoposto ad un giudizio: sicuramente proporrebbe un quesito ad hoc, come quello ideato sul caso Salvini-Diciotti, da sottoporre al voto online. Così come ho ricordato che il nostro codice etico prevede l’espulsione dal M5S solo in caso di condanna e non si presta ad opinabili interpretazioni a seconda dei casi, ad personam o, peggio, all’arbitrio del nostro leader”, è la critica di De Vito.

Le accuse

Secondo l’accusa, l’esponente pentastellato avrebbe incassato direttamente o indirettamente delle tangenti dal costruttore Luca Parnasi. De Vito, in cambio, avrebbe promesso – all’interno dell’amministrazione a 5 Stelle guidata dal sindaco Virginia Raggi – di favorire il progetto collegato allo stadio della Roma. Una bella gatta da pelare per Di Maio, alle prese con i suoi attacchi all’alleato leghista sul caso del sottosegretario Armando Siri, indagato per corruzione.

Ludovica Colli

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