Roma, 19 apr – Come abbiamo detto subito dopo il referendum sulle trivelle, quella consultazione non è stato altro che l’ennesimo capitolo dell’eterna lotta interna al Pd, con un Renzi cannibale, “modernizzatore” e liberaloide contro i vecchi arnesi dell’ex apparato comunista. Questi ultimi, l’ormai mitologica “minoranza Pd”, hanno voluto organizzare un referendum quasi solo per trasformarlo in un plebiscito contro Renzi, con lo straordinario risultato politico di averne fatto invece un plebiscito in suo favore. Ma di questo abbiamo già parlato. Quel che va messo in evidenza è invece la globalità di un quadro politico in cui ormai l’unica traccia di vita va ricercata dentro quel partito.
Nel senso che sono loro a dominare la scena, loro che fanno e disfanno, loro che, con faide interne del tutto autoreferenziali, dettano l’agenda nazionale. Dall’altra parte, il deserto. Sullo stesso referendum, al di là delle varie prese di posizione ufficiali dei partiti, la scena è stata dominata dal Pd, nel centrodestra ci fosse uno che abbia portato uno spunto, una posizione originale, una provocazione, un’analisi, un’iniziativa, in un senso o nell’altro. Per un certo periodo c’è stato Matteo Salvini a fare opinione, ma il fenomeno si è sgonfiato, boutade da Facebook a parte. Il Salvini che volava in Russia, incontrava Marine Le Pen, dialogava con CasaPound, flirtava con Landini, faceva intervenire Fusaro a Radio Padania, spiazzava tutti sulla Siria, contestava la politica economica di Renzi “da sinistra”, oltre che quella sulla sicurezza “da destra”. Superficiale e poco credibile finché si vuole, ma comunque un vulcano di provocazioni e iniziative trasversali. Agganciandosi a Berlusconi, il leader leghista è stato trascinato in una palude di immobilismo e inconcludenza. Quanto a Fratelli d’Italia, ha esattamente lo stesso problema, con l’aggravante di doversi basare unicamente sulle risorse mediatiche della Meloni (comunque inferiori a quelle potenziali di Salvini), poiché per il resto è il deserto. Su Forza Italia stendiamo un velo pietoso.
Con avversari così, ovvio che Renzi debba al massimo preoccuparsi dei mugugni interni al suo partito. E alla fine il massimo della dialettica politica in cui possiamo sperare per non morire in un regime a partito unico è il “ciaone” di Carbone. L’Isis, quando serve, non c’è mai.
Adriano Scianca