Roma, 22 mag – In vista delle elezioni del 26 maggio, a fronte di chi chiede a gran voce «più Europa», non sarà male ripassare qualche «dettaglio» delle storia più recente. A farlo è, oggi, l’ex direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi. Sulle colonne di Repubblica, infatti, Rossi ricorda a tutti le responsabilità della Ue, e più in particolare della Germania, nella crisi delle banche italiane: «Si potrebbe attribuire alla Germania questo pensiero: “Noi abbiamo salvato le nostre banche, adesso non diamo il permesso agli altri di salvare le loro”», spiega senza mezzi termini l’ex membro del direttorio di Bankitalia.
Due pesi e due misure
Rossi illustra così le trattative di allora tra il governo italiano e i presunti «alleati» europei: «Quando nel 2013-14 era in discussione la direttiva Brrd sulla risoluzione delle crisi bancarie – spiega a Repubblica – Banca d’Italia e il ministero dell’Economia ci provarono [a varare norme più adatte, ndr]: presentammo assieme un documento tecnico in cui si sosteneva che il cosiddetto “bail-in”, ossia il salvataggio delle banche con i soldi di chi ce li aveva messi, a partire dagli azionisti, e non il “bail-out”, che si faceva invece con i soldi pubblici, non poteva essere retroattivo e che ci sarebbe voluto un periodo di transizione perché tutti si abituassero alle nuove regole». E invece, secondo la ricostruzione di Rossi, «non potevamo contrastare una tendenza che si affermava in tutta l’Europa a guida tedesca». La Germania insomma, dopo aver salvato le sue banche facendo ricorso a denaro pubblico (bail-out), ha costretto l’Italia ad applicare il bail-in, cioè il salvataggio forzato tramite i soldi degli azionisti e i risparmi dei correntisti. Il più classico due pesi e due misure.
Le banche ostaggio di Berlino
La versione di Rossi, del resto, ben si sposa con le rivelazioni che l’attuale ministro Tria fece alla fine di febbraio, creando una minicrisi diplomatica con Berlino. Tria infatti dichiarò che Fabrizio Saccomanni, il ministro dell’Economia ai tempi del governo Letta, «venne praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco», Wolfgang Schäuble. «Se l’Italia non avesse accettato – spiegò Tria – si sarebbe diffusa la notizia che l’Italia non accettava perché aveva il sistema bancario prossimo al fallimento, e questo avrebbe significato il fallimento del sistema bancario». Una vicenda torbida che rende bene l’idea su quanto sia vantaggioso per l’Italia rimanere nell’Unione europea…
Gabriele Costa
1 commento
Riesce a parlare solo adesso che è un EX direttore…. prima zitto, omertoso e aiutava la Germania a fregare le banche italiane.
Il pentimento tardivo non assolve gli ascari.