Roma, 12 apr – Lo stato di emergenza sull’immigrazione dichiarato dal governo nel Cdm di ieri pomeriggio, da quanto emerso, difficilmente porterà a risultati sensibili. Vediamo perché.
Stato di emergenza immigrazione: cosa comporta
Era stato paventato, poi preannunciato e infine è stato dichiarato: lo stato di emergenza sull’immigrazione, probabilmente, è stato uno dei provvedimenti meno “sorprendenti” dell’esecutivo nelle ultime settimane. Ma di cosa si tratta, in buona sostanza? Anzittutto, durerà sei mesi. Poi, secondo quanto riportato dall’Ansa, le fonti governative sul tema si sono espresse su due temi fondamentali: i Centri per la permanenza e per il rimpatrio e accoglienza in tempi brevi. Senza dimenticare il coinvolgimento maggiore della Protezione civile e della Croce rossa. Poi, certo, si parla anche di soldi: un misero finanziamento di cinque milioni di euro, per essere precisi, stanziato allo scopo di gestire meglio i flussi.Se lo stesso Nello Musumesi ammette che “sia chiaro, non si risolve il problema”, già partiamo con il piede sbagliato. Ancor di più se la sua soluzione è vista “legata solo ad un intervento consapevole e responsabile dell’Unione europea”. Aspetta e spera, come si suol dire.
Perché non cambierà quasi nulla
Aggiungere il “quasi” non è necessariamente ottimista. Se lo stesso presidente del Consiglio dichiara di aver “deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi”, è difficile interpretare tutto nel verso migliore. Si parla, sostanzialmente, di velocizzare le procedure di accoglienza. Velocizzare la redistribuzione sul territorio nazionale. Sì dirà, ai Cpr per i rimpatri. I quali – qui la speranza unica – dovrebbero velocizzarsi a loro volta. Vedremo. Storicamente, rimpatriare si è rivelato sempre molto difficile se non addirittura improbabile. I centri di permanenza sono sempre più di “sola permanenza” e mai di rimpatrio. I numeri di quest’anno – come quelli dei precedenti – lo dimostrano pienamente. Quello che è viene fuori dallo stato di emergenza, per ora, è una gestione ancora più “ricettiva” del fenomeno della candestinità, con i soliti spiragli di lungo periodo (come quello relativo agli aiuti alla Tunisia) che mai si rivelano concreti. Con una spruzzata della solita e inutile fiducia nell’Ue.
1 commento
Ma cz… È solo in Australia che per entrare e restare devi giustamente fare qualcosa di utile… Eppure mi sembra dem anche quella adesso… È solo qui che qui dannati residui di comunisti hanno ridotto la nazione come un molo.