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Da “Boschi” a “Shish”: dizionario di un anno di Renzi

by Adriano Scianca
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Matteo RenziRoma, 23 feb – A un anno dall’insediamento del governo Renzi, proviamo a tracciare un vocabolario di riferimento del renzismo applicato.

Aula

Renzi non ama il Parlamento. E fa bene. Ma in lui c’è solo l’impazienza del piazzista che deve vendere il prodotto in tempo affinché la parlantina sulle sue doti miracolose faccia ancora effetto.

Berlusconi

Archetipo, alleato, avversario. Tutto contemporaneamente. Di Berlusconi, Renzi ha quella faccia da schiaffi da pianobar che lo rende inattaccabile. Con il patto del Nazareno sembrava dovesse concretizzarsi la fagocitazione dell’originale sulla copia, invece poi si è scoperto che le cose stavano al contrario.

Boschi

Il renzismo applicato al gentil sesso. Intriga per quel piglio da mistress gentile, da donna in carriera con la spinta dell’orgoglio femminista addolcito però dalle astuzie diplomatiche del patto del Nazareno. Una donna che gronda diritti, ma che è abbastanza sicura di averli conquistati da non fartelo pesare.

Civati

Con Fassina, l’uomo dalla capigliatura improbabile, e Cuperlo, che ha la erre moscia d’ordinanza ed è la plastica espressione dell’Apparato, Civati rappresenta la famosa minoranza interna del Pd. Vagamente belloccio – o almeno si atteggia a tale – Civati è il classico leader-non-leader, quello che ha talmente tante idee, carisma e potenzialità che se solo facesse sul serio… Solo che non fa mai sul serio e si limita a tracciare linee rosse invalicabili che Renzi ogni volta bellamente attraversa, costringendo Pippo a tracciarne una un po’ più in là.

Gelato

L’Economist lo ritrasse mentre mangiava bambinescamente un gelato su una barchetta fatta con un banconota da 20 euro, mentre Francois Hollande scrutava l’orizzonte, Angela Merkel se la rideva e Mario Draghi cercava di svuotare lo scafo dall’acqua. Lui rispose con un teatrino nell’androne di Palazzo Chigi, con tanto di gelataio al seguito e spettacolo per la stampa.

Gufi

La crisi si sconfigge con l’ottimismo: lo diceva già Berlusconi, ma Renzi ne ha fatto una vera Weltanschauung. Chi si mette di traverso sulla sua strada e uno che non ha ottimismo, non crede nelle riforme, non crede nel cambiamento, non vuole “cambiare verso”. Di più: è uno che porta sfiga, un gufo, e quindi a sua volta è uno sfigato. La riduzione del dissenso a fattore di sfiga: è il vero capolavoro renziano.

Hashtag

Se l’account politico con più follower è quello di Beppe Grillo, con 1,73 milioni di follower, Renzi segue a ruota con 1,68 milioni. Grillo, tuttavia, ha cavalcato con successo la stagione d’oro dei blog, facendo lì i veri numeri importanti. Il suo rapportarsi ai nuovi media è tuttavia ancora tradizionale: per nulla interattivo, unidirezionale, statico. Renzi con Twitter ci fa politica: gli hashtag valgono come esternazioni ufficiali, i flame diventano dibattito politico. Del resto è il suo strumento ideale: pochi caratteri per poche idee e gusto della battuta che ha la meglio sui contenuti.

Massoneria

Ha fatto rumore l’editoriale in cui Ferruccio De Bortoli, sul Corriere della Sera, denunciò “lo stantio odore di massoneria” del patto del Nazareno. Quando uscì quell’articolo, Matteo Renzi si trovava alla sede newyorkese del Council on Foreign Relations, il tempio della politica estera statunitense e già sodalizio paramassonico. Ma è Renzi è o non è un “libero muratore”? Secondo il Gran Maestro del Grande Oriente Democratico Gioele Magaldi (un tipo, tuttavia, insolitamente ciarliero per avere l’importanza massonica che vanta), “da anni e mesi Matteo Renzi si comporta da wannabe, da aspirante massone. Ma l’iniziazione cui egli aspira non è presso il Grande Oriente d’Italia o presso qualche altra Comunione massonica ordinaria, su base nazionale italiana o estera. No, il premier italiano punta molto più in alto. Vorrebbe essere iniziato presso la Ur-Lodge ‘Three Eyes’, la medesima superloggia cui sin dal 1978 fu affiliato Giorgio Napolitano”.

Professoroni

È quel che fa più male alla sinistra. Non la riforma del lavoro, non la subordinazione del Parlamento, ma la lesa maestà dell’egemonia culturale. Qui si gioca la partita identitaria cruciale per Renzi. L’atto di sfida fu lanciato in un’intervista al Corriere: “Ho letto altri commenti di tanti professori, molto interessanti. Non è che una cosa è sbagliata se non la dice Rodotà. Si può essere in disaccordo con i professoroni o presunti tali, con i professionisti dell’appello, senza diventare anticostituzionali. Perché, se uno non la pensa come loro, anziché dire ‘non sono d’accordo’, lo accusano di violare la Costituzione o attentare alla democrazia? Io ho giurato sulla Costituzione, non su Rodotà o Zagrebelsky”.

Shish

Monti amava rappresentarsi quasi come madrelingua inglese, ma senza enfasi, con il placido grigiore di chi dà per scontato di far parte delle élite transnazionali. Berlusconi avrebbe tanto voluto parlarlo abbastanza bene in modo da poter spiegare al G8 quella del prete, dell’imam e del rabbino che incontrano Rosy Bindi. Renzi è una via di mezzo tra i due: ostenta sicurezza linguistica ma scivola su un paio di “shish”. Radio 24, la radio di Confindustria, assicura tuttavia che il suo inglese è ottimo e agli americani piace. A posto così.

Staisereno

Sia Letta che Berlusconi dovevano “stare sereni”, mentre Renzi affilava il coltello da piantare nella loro schiena. È un aspetto feroce, cannibale del premier che è ben nascosto dal gigionismo. Dietro gli hashtag, tuttavia, si cela un politico cinico e spietato, diciamo un Andreotti piacione.

Toscani

Governo e Pd sono stati colonizzati regionalmente. È il trionfo di un modello Toscana, quello di Mps e del Forteto, che conquista la nazione mentre sprofonda nelle sue contraddizioni in casa propria.

Adriano Scianca

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