Il 17 marzo, anniversario della proclamazione della nascita ufficiale del Regno d’Italia, è passato ancora una volta quasi inosservato. Abbiamo letto qualche frettoloso – e banale – tweet d’ordinanza da parte dei patrioti di carta che seggono nell’emiciclo destro del parlamento. Abbiamo ascoltato qualche dichiarazione bofonchiata con naturale distacco dal centrosinistra allergico ai confini nazionali. Ci siamo poi sorbiti le melliflue parole del presidente della Repubblica, rese grottesche dallo stato attuale del Quirinale, ormai ambasciata straniera in terra italica. E poi il nulla, il vuoto, il silenzio fino a mezzanotte, quando la ricorrenza più importante del Paese ha ripreso a compiere la sua orbita di trecentosessantacinque giorni.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2023
Ora, siamo sinceri: che il 17 marzo non scaldi i cuori della nostra scarsa, scarsissima classe politica è abbastanza normale, quasi scontato. D’altronde stiamo parlando di quei partiti e di quelle istituzioni che nulla fanno per ergersi a difesa degli interessi nazionali: quale fuoco sacro potrebbe mai ardere in simili petti di pollo? Va aggiunta, inoltre, la spaventosa ignoranza del deputato medio, il quale avrebbe serie difficoltà a indicare l’anno in cui entrò in vigore l’atto formale che annunciò, davanti al mondo intero, la nascita dell’Italia unita. Per la cronaca: è il 1861, non si sa mai.
L’importanza del 17 marzo
Tristemente prevedibile anche il generale menefreghismo del circo mediatico, emanazione della cultura antinazionale che soffoca qualsiasi vagito di amor patrio da decenni. Ricordo le pochissime iniziative durante il centocinquantesimo dell’unità nazionale: piccoli video e spezzoni sul Risorgimento diluiti nel palinsesto quotidiano. Per non parlare dei cento anni dal 4 novembre 1918, ovvero l’armistizio di Villa Giusti che sancì la fine – e la vittoria – della Grande guerra, al costo di 650mila soldati morti: ricordate celebrazioni particolari? Io no. Ciò che trovo grave è invece il silenzio da parte di quell’area dell’opinione pubblica che suole riempirsi la bocca di «lotta per la sovranità» e spesso è ricettacolo delle peggiori tesi anti-unitarie. Non parlo delle sacrosante analisi del…