Alla luce di queste constatazioni, cerchiamo di analizzare nel dettaglio questo rimpasto di governo. Iniziamo dalle conferme: rimane al suo posto il ministro delle Finanze, Euclide Tsakalotos. Il premier ha mandato un chiaro segnale ai mercati e ai creditori internazionali sulla volontà del suo governo di rispettare l’agenda concordata con la troika. Passiamo ora alle promozioni. Uno su tutti: Dimitris Liakos, ex capo del suo ufficio economico, diventa ministro responsabile per l’attuazione del programma di salvataggio della Grecia, cioè del terzo piano, quello da ottantasei miliardi di euro. Liakos, è bene ricordarlo, è un manager che ha lavorato a lungo nei fondi d’investimento. Se ancora qualcuno pensa che l’esecutivo Tsipras sia contrario alle privatizzazioni, dovrà ricredersi. Infatti, il leader di Syriza, ha spostato il ministro dell’Energia, Panos Skourletis (contrario alla privatizzazione del gestore dell’energia elettrica Dei) agli Interni, sostituendolo con George Stathakis, l’attuale ministro dell’economia. Stathakis è stato sostituito a sua volta all’Economia da Dimitri Papadimitriou, presidente del Levy Economics Institute al Bard College a New York. Una cupidigia di servilismo che farebbe impallidire il maresciallo Badoglio.
La Repubblica Ellenica, però, non ha certo bisogno di migranti né tantomeno di profughi. La crisi economica ha falcidiato il ceto medio, e ridotto alla fame salariati e pensionati. Il welfare, appesantito da anni di assistenzialismo clientelare, non riesce a rispondere ai bisogni essenziali del popolo greco. Secondo l’Unicef seicentomila bambini vivono al di sotto della soglia di povertà. In più, come riporta Il Giornale in un articolo in cui si racconta questa vicenda: “Nella scuola del comune di Lamia, fino a ieri non c’erano posti per altri bambini greci, e invece da lunedì saranno ospitati a lezione novanta bambini siriani e afghani che affollano il vicino hotspot delle Termopili (che di migranti ne contiene 500). I genitori l’hanno appreso sui social e da nessuna circolare “. Questo è solo un piccolo esempio di ciò che avviene in tutta la penisola ellenica.
In quadro simile c’era proprio bisogno per costruire una moschea in un luogo riservato agli autoctoni più poveri? Certamente no. Questo, almeno, vale per i greci, ma non per Alexis Tsipras. Il proletariato ellenico gli ha voltato le spalle. Per questo, il leader di Syriza preferisce importare gli elettori dall’estero. Anche le banche europee sono d’accordo: un servo così fedele non si trova facilmente.
Salvatore Recupero